041-043

[41] DISCEPOLI,
[42] DISCIPLINA FISICA,
[43] IL GUARDIANO DELLA SOGLIA

[41]

DISCEPOLI

(1) Discepolo è colui che, soprattutto, si è consacrato a:

a. Servire l’umanità.

b. Cooperare con il piano dei Grandi Esseri, come egli lo vede e come meglio può.

c. Sviluppare i poteri dell’Ego, espandere la propria coscienza fino ad essere in grado di operare nei tre piani dei tre mondi e nel corpo causale, ed a seguire la guida del sé superiore anziché i dettami della sua triplice manifestazione inferiore.

Discepolo è chi realizza simultaneamente il significato relativo di ogni unità di coscienza ed anche la sua importanza.

Egli possiede il giusto senso delle proporzioni e vede le cose quali sono; vede gli altri uomini quali essi sono, vede se stesso qual è in realtà, e cerca di divenire ciò che è.

Il discepolo comprende il lato vita o forza della natura, e la forma non esercita alcuna attrazione su di lui. Lavora con la forza e per suo mezzo; si riconosce come un centro di forza entro un centro di forza più vasto, ed è responsabile della direzione dell’energia che per suo tramite può riversarsi in canali dai quali il gruppo potrà trarre beneficio.

Il discepolo sa di essere, in maggiore o minor misura, un avamposto della coscienza del Maestro, considerando questi in duplice senso:

a. quale propria coscienza egoica,

b. quale centro del gruppo, la forza che anima le unità che lo compongono, legandole in un tutto omogeneo.

Discepolo è chi trasferisce la propria coscienza dal personale all’impersonale, e che durante lo stadio di transizione sopporta necessariamente molte difficoltà e sofferenze. Tali difficoltà dipendono da diverse cause:

a. Il sé inferiore del discepolo che si ribella alla trasmutazione.

b. Il gruppo immediato al quale appartiene, amici o famiglia, che si ribella alla crescente impersonalità. Essi non amano essere considerati uniti a lui dal lato della vita, eppure separati nei desideri e negli interessi. Pure la legge non transige e la vera unità può essere conosciuta soltanto in quella essenziale dell’anima. La scoperta di ciò che è la forma reca molta sofferenza al discepolo, ma col tempo la via conduce alla perfetta unione.

Discepolo è colui che è conscio della propria responsabilità verso tutti coloro che entrano nella sua sfera d’influenza, la responsabilità di cooperare con il Piano evolutivo per la parte che li concerne e con ciò espandere la loro coscienza ed insegnare la differenza esistente fra irreale e reale, fra vita e forma. Il modo migliore per farlo è dimostrare con la propria esistenza quali siano la sua meta, il suo proposito e il suo centro di coscienza. (1 - 71/2).

(2) Un discepolo ha perciò vari obiettivi da conseguire:

Capacità di rispondere alla vibrazione del Maestro.

Purezza di vita, pratica e non semplicemente teorica.

Liberarsi da ogni preoccupazione. Si tenga presente che questa si basa su ciò che è personale e deriva da mancanza di distacco e da una troppo pronta risposta alle vibrazioni dei mondi inferiori.

Adempimento del dovere. Implica la spassionata esecuzione di tutti gli obblighi e la dovuta attenzione ai debiti karmici. Tutti i discepoli dovrebbero dare particolare importanza al distacco. Dato l’attuale sviluppo della mente, non è tanto la mancanza di discernimento che costituisce un ostacolo per i discepoli moderni, quanto la mancanza di distacco… Distacco significa aver conseguito uno stato di coscienza in cui è realizzato l’equilibrio e in cui non domina né il piacere né il dolore, sostituiti dalla gioia e dalla beatitudine. Dovremmo riflettere molto su queste parole, poiché è necessario sforzarsi al massimo per ottenere il distacco. (1 - 73).

(3) Ogni passo avanti è sempre frutto del sacrificio di tutto ciò che, su un piano o sull’altro, è più caro al cuore, sacrificio che deve essere sempre volontario. (1 - 82).

(4) Avvalendosi di quest’occasione e conformandosi alle regole del Sentiero, a molti occidentali verrà offerta la possibilità di fare ulteriori progressi. All’uomo che sia pronto quest’occasione si presenterà dove si trova, nelle consuete circostanze della sua vita quotidiana. La coglierà compiendo il suo dovere, superando le prove e le difficoltà, ed aderendo alla voce del Dio interiore, ciò che distingue il vero aspirante all’iniziazione: la meta successiva da raggiungere e il prossimo lavoro da compiere vengono indicati dal Maestro (sia esso il Dio interiore o un Maestro, se l’uomo ne è consapevole) che ne spiega il motivo. Poi l’istruttore si ritrae in disparte ed osserva l’aspirante che attua il suo compito. Osservando, egli ne vede i momenti di crisi in cui le prove cui è sottoposto da un lato focalizzano e disperdono qualche male (se si può usare questo termine) non ancora eliminato, e dall’altro dimostrano al discepolo tanto la sua debolezza quanto la sua forza. Nelle grandi iniziazioni viene seguito il medesimo procedimento e la capacità di superare prove e stadi più impegnativi dipenderà da quella dimostrata nel superare le prove minori di ogni giorno. “Chi è fedele nelle piccole cose lo è anche nelle grandi”; è un’affermazione occulta che dovrebbe caratterizzare l’attività quotidiana del vero aspirante. Le “grandi cose” vengono superate perché considerate semplicemente una intensificazione delle consuete, e nessun iniziato ha mai superato la grande prova dell’iniziazione senza prima essersi abituato a superare quelle minori della vita di ogni giorno; le prove sono viste allora come un fatto normale, e quando si presentano vengono considerate come strutture usuali della sua vita. Tale atteggiamento mentale, una volta adottato, non permette più sorprese o sconfitte. (1 - 183/4).

(5) Per il discepolo l’allineamento diretto con l’Ego attraverso i centri ed il cervello fisico è lo scopo della sua vita di meditazione e di disciplina. (3 - 1149).

(6) Il discepolo è qualcuno che cerca d’imparare un nuovo ritmo, di entrare in un nuovo campo d’esperienza e di seguire le orme di quegli uomini più progrediti che hanno percorso prima di lui il sentiero che conduce dalle tenebre alla luce, dall’irreale al reale. Egli ha gustato i piaceri della vita nel mondo dell’illusione e ha riconosciuto la loro incapacità di soddisfarlo e trattenerlo. Ora egli è in uno stato di transizione tra il nuovo stato d’esistenza e quello del passato. Egli vibra tra la consapevolezza dell’anima e quella della forma. Egli “vede doppio”. (4 - 58/9).

(7) Uno stato di cose analogo sussiste negli stadi finali del Sentiero della Prova e nei primi stadi del Sentiero del Discepolato. Il discepolo è consapevole di capacità e poteri, non ancora sotto il suo dominio intelligente. Ha lampi d’introspezione e di conoscenza, apparentemente inesplicabili e d’importanza non immediata. Viene in contatto con vibrazioni e fenomeni di altri regni, ma è inconsapevole del processo necessario per pervenirvi e incapace di ripetere o rievocare l’esperienza. (4 - 165).

(8) Quando un uomo cammina nella luce della sua anima e la chiara luce del Sole fluisce attraverso di lui rivelando il Sentiero, al tempo stesso essa rivela anche il Piano. Simultaneamente egli si rende conto del fatto che il Piano è ancora ben lontano dalla consumazione.

L’oscurità appare con maggiore evidenza; caos, miseria e insuccesso dei gruppi mondiali si rivelano; si nota la bruttura e la polvere delle forze in conflitto e tutto il dolore del mondo si abbatte sull’aspirante pieno di stupore, eppure illuminato. Potrà resistere a questa pressione? Potrà venire a conoscenza del dolore del mondo e gioire per sempre nella coscienza divina? Avrà la capacità di affrontare tutto ciò che la luce rivela e proseguire serenamente il suo cammino, nella certezza del trionfo finale del bene? Verrà sopraffatto dal male che appare in superficie, dimenticando il Cuore d’Amore che batte dietro ogni apparenza esterna? Questa situazione dovrebbe essere tenuta sempre presente dal discepolo, altrimenti verrà distrutto da ciò che ha scoperto.

Ma con l’avvento della luce egli diviene però consapevole di una forma d’energia, nuova per lui. Impara a lavorare in un nuovo campo di opportunità. Il regno della mente gli si schiude ed egli scopre di saper distinguere fra natura emotiva e mentale. Scopre pure che la mente può assumere la posizione di comando e che le forze senzienti obbediscono alle energie mentali. Questa rivelazione è dovuta alla “luce della ragione”, luce sempre presente nell’uomo, ma che assume importanza e potenza solo quando sia scorta e riconosciuta fenomenicamente o intuitivamente. (4 - 355).

(9) Il lavoro in cui siamo impegnati è estremamente pratico; è inoltre di proporzioni tali che occuperà tutta l’attenzione e tutto il tempo di un uomo, anche tutta la sua vita di pensiero e lo condurrà…. Il discepolato è una sintesi di duro lavoro, sviluppo intellettuale, aspirazione costante e orientamento spirituale, oltre alle non comuni qualità d’innocuità positiva e occhio aperto che può vedere, a volontà, nel mondo della realtà. (4 - 583).

(10) Informarsi sulla Via. Uno dei Maestri ci ha detto che un’intera generazione di ricercatori può produrre un solo adepto. Perché dovrebbe essere così? Per due ragioni:

In primo luogo, il vero ricercatore è colui che si avvale della saggezza della sua generazione, è il miglior prodotto del periodo in cui vive eppure, è sempre insoddisfatto e il suo desiderio interiore di saggezza rimane inappagato. Gli sembra che esista qualcosa di più importante della conoscenza e qualcosa di ben più grande dell’esperienza accumulata nella sua epoca e nel periodo in cui vive. Egli riconosce la possibilità di un ulteriore passo avanti e cerca di compierlo per aggiungere una nuova conquista a quelle già ottenute dai suoi predecessori. Nulla lo soddisfa finché non trova la Via e nulla appaga il desiderio che arde al centro del suo essere, all’infuori di ciò che si trova nella casa del Padre. Egli è ciò che è perché ha calcato tutte le vie minori e le ha trovate insoddisfacenti, si è assoggettato a molte guide solo per trovarle “ciechi che guidano altri ciechi”. Null’altro gli rimane se non divenire la guida di se stesso e trovare da solo la propria via verso casa. Nella solitudine, sorte d’ogni vero discepolo, nascono la conoscenza di se stesso e la fiducia in se stesso che lo renderanno idoneo a divenire a sua volta un Maestro. Questa solitudine non è dovuta ad alcun spirito di separazione, ma alle condizioni della Via stessa. Aspiranti, tenete ben presente questa distinzione.

In secondo luogo, il vero ricercatore dispone di un raro tipo di coraggio, che consente a chi lo possiede di non vacillare mai e di far risuonare chiara la propria nota anche in mezzo al tumulto del mondo. I suoi occhi sono addestrati a vedere oltre le nebbie e i miasmi della terra, a quel centro di pace che nessun evento terreno può turbare; il suo orecchio attento e addestrato, avendo colto un sussurro della Voce del Silenzio, è mantenuto in sintonia con quell’alta vibrazione ed è quindi sordo alle seducenti voci minori. Anche questo fatto è causa di solitudine e determina quel riserbo, avvertito dalle anime meno evolute quando si trovano in presenza di coloro che avanzano in testa.

Viene a crearsi una situazione paradossale, perché al discepolo si dice di informarsi sulla Via, ma non c’è nessuno che possa dargli indicazioni. Coloro che conoscono la Via non possono parlare, poiché sanno che il Sentiero deve essere costruito dall’aspirante, come il ragno tesse la sua tela, dal centro del proprio essere… .

Obbedire agli impulsi interni dell’anima… Non è un compito facile né lusinghiero cercare di conoscere se stessi e scoprire che anche il servizio reso e il nostro desiderio di studiare hanno forse un’origine fondamentalmente egoistica e poggiano sul desiderio di liberazione o sull’avversione per la monotonia della vita quotidiana. Colui che cerca di ubbidire agli impulsi dell’anima deve coltivare l’accuratezza nell’esaminarsi e la sincerità verso se stesso, ciò che ai nostri giorni è ben raro. Egli dica a se stesso: “Devo essere sincero con il mio Sé” e nell’intimità della sua vita, nel segreto della sua meditazione non cerchi mai attenuanti alle sue colpe o scuse ai suoi difetti. Impari ad analizzare le proprie parole e azioni, i propri moventi e a chiamare le cose con il loro vero nome. Soltanto così si eserciterà alla discriminazione spirituale e imparerà a riconoscere la verità in tutte le cose. Soltanto così si perviene alla realtà e si conosce il vero Sé.

Non tener conto delle prudenti considerazioni della scienza e sagacia terrene. Se l’aspirante deve coltivare la capacità di camminare da solo, se deve sviluppare la facoltà di essere sincero in tutte le cose, ha pure bisogno di coltivare il coraggio. Egli dovrà necessariamente contrastare l’opinione del mondo, anche nella sua espressione migliore, e ciò accadrà assai di frequente. Deve imparare a fare la cosa giusta, secondo il proprio modo di vedere e le proprie conoscenze, noncurante delle opinioni anche dei personaggi più importanti e quotati della Terra. Deve dipendere da se stesso e dalle conclusioni cui è giunto nei momenti di comunione e illuminazione spirituale. È a questo punto che molti aspiranti falliscono. Essi non fanno veramente il meglio; essi non riescono ad agire esattamente come detta la loro voce interiore; essi trascurano alcune cose che sono spronati a fare nei momenti di meditazione e non dicono le parole che il loro mentore spirituale, il Sé, li esorta a pronunciare. È l’insieme di questi dettagli trascurati che determina i grandi insuccessi.

Nella vita del discepolo non vi sono inezie; una parola non detta o un’azione non compiuta possono dimostrarsi i fattori che impediscono l’iniziazione.

Vivere una vita che sia d’esempio agli altri. È proprio necessario che mi soffermi su questo requisito? Sembrerebbe di no eppure, questo è un altro punto sul quale gli uomini falliscono. Che cosa è, dopo tutto, il servizio di gruppo? Semplicemente una vita d’esempio. Il miglior esponente della Saggezza Eterna è colui che ogni giorno, nel luogo dove si trova, vive la vita del discepolo; egli non la vive nel luogo dove pensa che dovrebbe essere. Forse, la causa del maggior numero d’insuccessi fra gli aspiranti all’adeptato è la codardia. Gli uomini non agiscono bene come dovrebbero nel luogo dove si trovano, perché hanno sempre qualche ragione per credere che dovrebbero essere altrove. Quasi senza rendersene conto, gli uomini rifuggono dalle difficoltà, dalle condizioni disarmoniche, dai luoghi dove esistono problemi e dalle circostanze che richiedono un’azione d’alto livello e che sono proprio adatte a stimolare il meglio che c’è nell’uomo, purché egli rimanga al suo posto. Essi fuggono da se stessi e dagli altri, invece di vivere la vita, semplicemente.

L’adepto non pronuncia mai alcuna parola che possa offendere, nuocere o ferire. Perciò ha dovuto imparare il significato del linguaggio in mezzo all’agitazione della vita. Egli non perde tempo a compatire se stesso o a giustificarsi, poiché sa che la Legge lo ha posto dove si trova e dove può meglio servire; ha inoltre imparato che le difficoltà sono sempre opera dell’uomo stesso e risultato del suo atteggiamento mentale. Se in lui nasce un impulso a giustificarsi, lo riconosce come una tentazione da evitare. Egli si rende conto che ogni parola pronunciata, ogni azione compiuta, ogni sguardo e ogni pensiero hanno un effetto sul gruppo. Non è quindi evidente il motivo per cui così pochi giungono al conseguimento e così tanti falliscono? (4 - 583/7)

(11) Qualche parola d’incoraggiamento. … Solo quando il discepolo è disposto a rinunciare a tutto nel servizio ai Grandi Esseri e a nulla trattenere, si consegue la liberazione e il corpo del desiderio si tramuta in quello dell’intuizione superiore. È il servizio perfetto d’ogni giorno, senza alcun pensiero o calcolo per il futuro, che porta l’uomo nella posizione del Servitore perfetto. E posso suggerire che ogni preoccupazione e ogni ansietà si basa soprattutto sul movente egoistico? Temete ulteriori sofferenze, rifuggite da nuove tristi esperienze.

Non così si raggiunge la meta, bensì seguendo il sentiero della rinuncia. Ciò comporta forse la rinuncia alla gioia, alla buona reputazione o agli amici, o a tutto ciò cui il cuore aderisce. Ho detto forse, non che è così. Cerco solamente di indicarvi che se quella è la via che dovete seguire per giungere alla vostra meta, allora per voi è la via perfetta. Tutto ciò che vi porta rapidamente alla Loro Presenza e ai Loro Piedi di Loto sia da voi desiderato e accolto ardentemente.

Coltivate dunque giornalmente quel desiderio supremo che cerca solo l’approvazione della Guida e del Maestro interiore e la risposta egoica alla buona azione compiuta spassionatamente.

Se dovete perdere cose terrene, sorridete, tutto finirà con una ricca ricompensa e con la restituzione di quanto è stato perduto. Se disprezzo e derisione sono la vostra sorte, sorridete ancora, poiché solo lo sguardo di approvazione che viene dal Maestro è quello da ricercare. Se vi assalgono le lingue menzognere, non temete, ma spingetevi avanti. La menzogna è cosa terrena e può essere trascurata, come troppo vile per essere raccolta. L’occhio singolo, il desiderio puro, il proposito consacrato e l’orecchio reso sordo a tutti i rumori della terra, a questi mira il discepolo. Non dico altro. Desidero solo che non dissipiate inutilmente energia in vane immaginazioni, in speculazioni febbrili e in aspettative inquiete. (2 - 43/4).

(12) Il problema dei discepoli rimane lo stesso. Per essi si tratta di vivere simultaneamente la vita interiore, acutamente sensibile del Pellegrino sul sentiero della vita, e quella dell’essere umano immerso nel mondo degli eventi; di vivere la vita di gruppo del discepolo impegnato e quella della collettività umana; di adempiere il proprio destino spirituale servendosi della personalità controllata, e nello stesso tempo partecipare con pienezza alla vita dell’umanità sulla Terra — questo compito non è facile. (16 - 498).

(13) Il discepolo deve prendere se stesso quale egli è, in un dato momento, con ciò di cui può disporre e nelle circostanze in cui si trova e procedere poi a subordinare se stesso, i propri interessi ed il proprio tempo alle necessità dell’ora, particolarmente durante questo periodo di crisi di gruppo, nazionali e mondiali. Se egli lo fa entro la propria coscienza e pensa perciò in termini dei più veri valori, egli scopre che i suoi interessi privati vengono curati, che le sue capacità vengono accresciute e le sue limitazioni dimenticate. (11 - 196).

(14) Questo periodo esige la mobilitazione di ogni discepolo e quando dico “periodo” intendo il momento attuale e i prossimi cinquant’anni. Questa mobilitazione comporta la focalizzazione delle energie del discepolo, il suo tempo e le sue risorse per il bene della umanità; richiede di rinnovare la dedizione al servizio e consacrare la vita di pensiero (mi capite, fratelli miei?); richiede quell’oblio di sé che esclude ogni umore e sentimento, ogni desiderio, risentimento e lamentela della personalità e tutte le meschinità nei rapporti con i vostri compagni. Sul piano fisico significa condizionare tutta l’esistenza attiva esteriore, sì che la totalità della vita sia un servizio attivo e concentrato. Studiate queste frasi, usandole come una luce che rivela per sapere dove siete in difetto e cosa dovete fare. (5 - 98/9).

(15) In questo momento di crisi disperata, ciò che cerchiamo di fare io e chi è affiliato alla Gerarchia, è trovare dei punti di energia vivente sui quali fare assegnamento per effondere, loro tramite, l’amore, la forza e la luce di cui il mondo necessita, per domare questa tempesta.

… Molti discepoli non sono giovani e le radicate abitudini del pensiero e della vita emotiva non si spezzano facilmente. Ma bisogna farlo, e senza provarne risentimento. (5 - 100).

(16) I discepoli e gli Ego avanzati sul Sentiero della Prova ricevono istruzioni… Verificare la loro idoneità per un lavoro particolare che dovrà essere compiuto in futuro (di quale lavoro si tratti è noto soltanto alle guide dell’umanità). Metterli alla prova per definire la loro disposizione a vivere in comunità, per poter scegliere quelli adatti a formare la colonia della sesta sotto-razza. Essi vengono messi alla prova su diverse linee di lavoro, molte delle quali ora ci sono incomprensibili, ma che col tempo diverranno i comuni metodi di sviluppo. (1 - 66).

Vedi anche: "I sei Stadi del Discepolato". (5 - 673/773).

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DISCIPLINA FISICA

(1) Il mago prudente bada a che il suo veicolo più basso sia preparato a sopportare il fuoco con cui egli opera, ed ottiene questo con la disciplina e la purezza. (3 - 1015).

(2) Se gli studenti d’occultismo disciplinassero le loro vite con maggiore saggezza, se si concedessero le giuste ore di sonno con più determinazione e se lavorassero con cauta lentezza e non tanto d’impulso (per quanto elevata possa essere la loro aspirazione) ne deriverebbero risultati maggiori e i Grandi Esseri potrebbero disporre di aiutanti più efficienti nel servizio al mondo. (2 - 105).

(3) Oggi le stesse rigide discipline fisiche sono sovente praticate da aspiranti bene intenzionati: celibato, dieta rigorosamente vegetariana, esercizi di rilassamento e molti altri esercizi fisici, miranti al controllo del corpo. Queste pratiche sarebbero ottime per l'essere umano di scarsissimo sviluppo, e quindi assai primitivo, ma certo non sono adatte all’uomo di media levatura o all’aspirante. Concentrarsi sul corpo fisico serve solo ad accrescerne la potenza e alimentarne gli appetiti, riportando alla superficie della coscienza ciò che sarebbe bene restasse segregato sotto la soglia della coscienza. L’aspirante sincero dovrebbe curarsi del controllo emotivo, non fisico, e sforzarsi di focalizzarsi sul piano mentale, preliminare indispensabile per stabilire il contatto con l’anima. (17 - 579).

(4) Di conseguenza, la regola data ai postulanti riguarda la loro capacità di accettare una disciplina autoimposta e di aderirvi. Per mezzo di questa disciplina il postulante dimostra a sé stesso il dominio della natura fisica e astrale, e l’effetto della disciplina è di rivelargli certe debolezze fondamentali e inevitabili come il predominio della natura animale, la potente imposizione del desiderio, il senso di superiorità, di orgoglio e di separatività. La sua capacità di sopportare la disciplina e la stima di sé perché riesce a farlo, oltre al senso di superiorità nei confronti di coloro che non sono così disciplinati, sono tutti segni di essenziali debolezze. Il suo fanatismo, latente o espresso, emerge con chiarezza nella sua coscienza e, se è sincero, anche se è cosciente di aver raggiunto una certa purezza fisica è allo stesso tempo consapevole che forse comincia da ciò che è esteriore ed evidente, mentre dovrebbe cominciare da ciò che è interiore e non così facile da raggiungere ed esprimere. Questa è una grande e importante lezione.

È anche un esempio interessante della tecnica dei Maestri, con la quale permettono che un errore rimanga tale (perché origina dal discepolo e quindi da lui stesso deve essere corretto), e consentono l’uso di un linguaggio che trasmette un’impressione errata. Così facendo, chi usa il linguaggio scopre infine il suo accostamento erroneo alla verità.

Il vero discepolo non ha bisogno del vegetarianismo o di qualsiasi altra disciplina fisica, perché nessun appetito carnale ha presa su di lui. Il suo problema è altrove, ed è una perdita di tempo e d’energia il mantenere l’attenzione sulle “cose giuste da farsi fisicamente”, perché le fa automaticamente, e le sue abitudini spirituali eliminano le tendenze fisiche inferiori; le abitudini che ha sviluppato lo mettono automaticamente in grado di superare quel richiamo dei desideri che cerca di soddisfare il desiderio inferiore.

Nessuno è accettato nella cerchia dell’Ashram (espressione tecnica per designare la condizione di coloro che sono alla vigilia dell’iniziazione o che vengono preparati per l’iniziazione) se sussiste il pericolo che gli appetiti fisici possano dominarlo.

Questa è una dichiarazione di fatto e si applica in modo particolare e specifico a coloro che si preparano per la prima iniziazione. (18 - 125/6).

(5) Alcuni devoti realmente sinceri e dei postulanti promettenti si preoccupano talmente della forma e della sua disciplina, che non trovano il tempo da dedicare all’espansione dell’anima. S’interessano tanto alle loro reazioni alla disciplina autoimposta, o alla loro capacità o incapacità di conformarvisi ed accettarla, che le verità spirituali che cercano di penetrare nel loro cuore non vi riescono. Moderazione in tutte le cose, uso avveduto di tutte le forme che ci sostengono e oblio di sé sono caratteristiche che contraddistinguono il discepolo, ma non il principiante. Oggi, molti discepoli che dovrebbero trovarsi nell’Aula della Saggezza continuano a lavorare fanaticamente nell’Aula della Conoscenza e sono ancora così zelanti nelle discipline fisiche, che le discipline dell’anima restano ignorate. Vorrei chiedervi di riflettere su ciò.

Permettetemi che lo ripeta: le discipline fisiche sono utili nello stadio iniziale e conferiscono il senso delle proporzioni e la consapevolezza dei difetti e delle limitazioni. Hanno il loro posto nel tempo e nello spazio, e questo è tutto. Una volta entrato nel mondo dell’anima, il discepolo usa saggiamente tutte le forme comprendendone lo scopo e liberandosi dagli eccessi; in definitiva non se ne preoccupa né se ne interessa più. I suoi occhi sono distolti da sé e sono fissati sul mondo dei veri valori. Egli è privo d’interesse personale, perché la coscienza di gruppo sostituisce rapidamente la sua coscienza individuale. (18 - 127/8).

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IL GUARDIANO DELLA SOGLIA

(1) Il Guardiano della Soglia viene per lo più considerato come la prova finale del coraggio dell’uomo, come una gigantesca forma-pensiero o potente elemento da dissolvere prima che l’iniziazione sia possibile. Cosa sia questa forma-pensiero pochi lo sanno, ma la definizione implica l’idea di una colossale forma elementare che blocca l’accesso al sacro portale, oppure una forma, costruita talvolta dal Maestro, per collaudare la sincerità del discepolo. Alcuni lo considerano come la somma degli errori compiuti dall’uomo, la sua natura malvagia che gli impedisce l’idoneità a percorrere il Sentiero della Santità. Nessuna di queste definizioni è esatta. (10 - 21).

(2) Il Guardiano della Soglia è illusione-annebbiamento-maya, quali vengono intesi dal cervello e riconosciuti come ciò che occorre superare. È la forma sconcertante che il discepolo deve affrontare quando cerca di aprirsi un varco attraverso l’illusione accumulata nei millenni e trovare la sua vera dimora nel luogo della luce. (10 - 22).

(3) Il Guardiano della Soglia. Pur essendo sempre presente, si attiva soltanto sul Sentiero del Discepolato, quando l’aspirante prende occultamente coscienza di sé, delle condizioni presenti in lui per effetto della sua illusione interna, del suo annebbiamento astrale e di maya, che ne avvolgono tutta l’esistenza. Poiché ora è una personalità integrata (e nessuno è discepolo se non è mentale oltre che emotivo cosa che il devoto spesso dimentica) scorge i tre aspetti dell’illusione (preponderanti in uno o l’altro dei corpi) nel loro complesso, e questo insieme è detto “Guardiano della Soglia”. In realtà è una forma-pensiero vivificata, composta di energia mentale, forza astrale ed energia vitale. (10 - 27).

(4) Il Guardiano della Soglia non emerge dalle nebbie dell’illusione mentale e astrale fino a quando il discepolo non è prossimo ai Cancelli della Vita. Solo quando coglie i primi barlumi della Porta dell’Iniziazione e sporadici lampi di luce dell’Angelo della Presenza che è in attesa dietro quella porta, viene alle prese col principio di dualità, impersonato nel Guardiano e nell’Angelo. Le mie parole sono per voi simboli di una condizione e un evento futuro. Ma verrà certamente il giorno in cui vi troverete in piena consapevolezza fra questi simboli delle paia di opposti, l’Angelo a destra e il Guardiano a sinistra. Abbiate allora la forza di procedere fra questi due avversari che per millenni hanno lottato sul campo della vostra vita e giungere al cospetto della Presenza ove i due sono visti come uno solo e altro non resta che coscienza della vita e del divino. (10 - 39/40).

(5) Il Guardiano della Soglia è spesso considerato una calamità, un orrore da evitare, un male culminante e definitivo. Vorrei però rammentarvi che egli è “colui che sta davanti alla porta di Dio”, che dimora all’ombra del portale dell’iniziazione e che affronta ad occhi aperti l’Angelo della Presenza, così chiamato nelle antiche Scritture. Il Guardiano può essere definito come la somma delle forze della natura inferiore come si esprimono nella personalità prima dell’illuminazione, dell’ispirazione e dell’iniziazione. La personalità, di per sé, a questo stadio è estremamente potente e il Guardiano rappresenta tutte le forze psichiche e mentali che, lungo le età, si sono sviluppate nell'uomo e sono state alimentate con cura. Lo si può considerare la potenza della triplice forma materiale, prima che collabori e si consacri coscientemente alla vita dell’anima e a servire la Gerarchia, Dio e l’umanità.

Il Guardiano della Soglia è tutto ciò che l’uomo è, escluso il sé spirituale superiore; è il terzo aspetto della divinità espresso nel meccanismo umano e per suo tramite. Questo terzo aspetto deve infine subordinarsi al secondo, l’anima. (15 - 312).

(6) Memoria… non è intesa solo come facoltà mentale, come sovente si ritiene, ma è essenzialmente un potere creativo. In sostanza essa è un aspetto del pensiero e — unita all’immaginazione — è un agente creatore, poiché i pensieri sono cose, come ben sapete. Dai remoti recessi della memoria, da un passato annidato nel profondo che viene richiamato in modo definito, e dal subcosciente individuale e collettivo (serbatoio di pensieri e desideri fondati e costruiti, ereditati e inerenti) affiora, dalle vite e dalle esperienze individuali trascorse, la totalità delle tendenze istintive, delle nebbie astrali ereditate e di tutte le errate attitudini mentali; a tutto ciò (che forma un complesso composito) diamo il nome di Guardiano della Soglia. Questo Guardiano è la somma totale di tutte le caratteristiche della personalità rimaste indomate e senza controllo e che devono finalmente essere soggiogate prima che l’iniziazione sia possibile. Ogni vita vede qualche miglioramento; certi difetti della personalità vengono eliminati e si compie un progresso reale. Ma i residui non vinti e gli antichi debiti sono ancora numerosi ed estremamente potenti e, quando si è stabilito un adeguato contatto con l’anima, si perviene a una vita in cui la personalità potente e altamente sviluppata diviene, in sé, quello stesso Guardiano della Soglia. Allora l’Angelo della Presenza e il Guardiano stanno l’uno di fronte all’altro e occorre decidere. Alla fine la luce del sé personale svanisce e si estingue nel fulgore glorioso che emana dall’Angelo. La gloria della luce maggiore offusca la minore. Ciò è tuttavia possibile solo quando la personalità cerca con ardore il rapporto con l’Angelo, riconosce se stessa come Guardiano e — come discepolo — comincia la battaglia tra le coppie degli opposti e si sottopone alle prove di Scorpio. Queste prove sono sempre innescate dal discepolo stesso; egli si pone nell’ambiente positivo o condizionante in cui prove e disciplina sono inevitabili. Quando la mente ha conseguito uno stadio di sviluppo relativamente elevato, la memoria viene evocata in modo nuovo e cosciente e ogni predisposizione latente, gli istinti nazionali e di razza, le situazioni non chiarite e i difetti rimasti senza controllo salgono alla superficie della coscienza e la battaglia si accende. (16 - 207/8). Vedi anche: (6 - 47/8).

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