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FLUSSO E RIFLUSSO CICLICO

Consideriamo ora le parole “Le acque si alzano e si abbassano”.

Consideriamo ora le parole “Le acque si alzano e si abbassano”. Con la comprensione della Legge dei Cicli perverremo alla conoscenza delle leggi fondamentali dell’evoluzione e ci renderemo conto dell’opera ritmica della creazione. Studiando i nostri stessi impulsi acquisteremo inoltre equilibrio, poiché anch’essi hanno il loro flusso e riflusso e si manifestano con periodi alterni di luce e d’oscurità. [243] Assistiamo quotidianamene all’evento simbolico del sorgere della chiara luce del giorno nella parte del mondo in cui viviamo per tornare poi alla riposante oscurità della notte. L’abitudine di questo fenomeno ci fa perdere di vista il suo significato simbolico e ci fa dimenticare che secondo la grande legge, l’alternarsi dei periodi di luce e oscurità, di immersione ed emersione, di progresso verso l’illuminazione e di apparente ricaduta nell’oscurità, caratterizza la crescita di tutte le forme, contraddistingue lo sviluppo di razze e nazioni e costituisce il problema dell’aspirante che si è raffigurato un cammino sempre illuminato credendo di aver lasciato dietro di sé ogni luogo oscuro.

In queste istruzioni non mi è possibile trattare del flusso e riflusso della vita divina che si manifesta nei vari regni della natura e attraverso la crescita evolutiva dell’umanità, grazie all’esperienza vissuta nelle razze, nelle nazioni e nelle famiglie. Cerco tuttavia di elaborare l’esperienza ciclica di un’anima in incarnazione, che indica l’apparente flusso e riflusso del suo sviluppo.

Il ciclo principale d’ogni anima è quello della sua incarnazione e del suo ritorno, o rifluire, al centro da cui venne. La comprensione di questo flusso e riflusso dipende dal punto di vista da cui si considera. Esotericamente le anime si possono distinguere come “anime che cercano la luce dell’esperienza”, quindi volte verso l’espressione fisica, e come “anime che cercano la luce della comprensione” e si ritraggono quindi dalla sfera dell’attività umana per aprirsi la strada verso la coscienza dell’anima e “dimorare nella luce eterna”. Senza comprenderne il vero significato, gli psicologi hanno notato questi cicli definendo certe persone estroverse e altre introverse. Questi due tipi indicano il flusso e riflusso nell’esperienza individuale e sono la minuscola corrispondenza dei grandi cicli dell’anima. L’entrare e uscire dall’esistenza incarnata rappresentano i cicli maggiori d’ogni anima individuale e lo studio dei tipi di pralaya di cui trattano La Dottrina SegretaIl Trattato del Fuoco Cosmico sarebbe veramente importante per lo studente.

Vi è pure un flusso e riflusso nell’esperienza dell’anima su ogni piano, che nei primi stadi di sviluppo perdura per molte vite, generalmente con manifestazioni [244] nettamente opposte. Uno studio del flusso e riflusso delle razze potrà meglio chiarire questo fatto. All’epoca dei Lemuri il “flusso” o ciclo di manifestazione verso l’esterno si svolse sul piano fisico e il “riflusso” riportò l’aspetto vita direttamente all’anima, senza un flusso e riflusso secondario sul piano astrale o mentale.

Più tardi la marea si abbatté sulle spiagge del piano astrale, includendo in misura minore il piano fisico. Il flusso volse l’attenzione alla vita emotiva e nel ritorno al centro non tenne alcun conto della vita mentale. Ciò raggiunse la punta massima all’epoca degli Atlantidei e vale ancor oggi per molti. Ora il flusso e riflusso e sempre più inclusivo e comprende anche l’esperienza mentale, e la vita dell’anima trascina tutti e tre gli aspetti; l’energia dell’anima che si incarna li include tutti e questa forza ciclica perdurerà per molte vite e serie di vite. L’aspirante comincia a comprendere ciò che sta accadendo e si risveglia in lui il desiderio di dominare coscientemente questo flusso e riflusso o, in parole più semplici, di volgere le forze dell’energia che emana nella direzione da lui scelta o ritrarla al proprio centro a volontà. Egli cerca di porre fine a questo processo che lo trascina in incarnazione senza un proposito cosciente da parte sua e si rifiuta di vedere la marea della sua vita finire nelle sfere emotive o mentali dell’esistenza, per poi ritrarsi di nuovo senza l’intervento della sua volontà cosciente. Egli si trova al punto intermedio e desidera governare i propri cicli, il “flusso e riflusso”, a sua scelta. Aspira a incamminarsi nei luoghi oscuri dell’esistenza incarnata secondo un proposito cosciente e, con proposito altrettanto cosciente, cercare di ritrarsi al proprio centro. Diviene quindi un aspirante.

Nella sua vita cominciano a ripetersi i cicli precedenti. Egli è assalito da un’improvvisa stimolazione della natura fisica e trascinato con violenza da antichi desideri e passioni. [245] Questo periodo può essere seguito da un ciclo in cui il corpo fisico è conscio del fatto che l’energia vitale lo abbandona e risulta indebolito perché non è oggetto di attenzione. Questa è la causa principale delle malattie e della mancanza di vitalità di molti servitori a noi cari. Il medesimo processo può verificarsi nel corpo emotivo, con l’alternarsi di periodi di esaltazione e di massima aspirazione ad altri di profonda depressione e mancanza d’interesse. Il flusso può estendersi al corpo mentale determinando un ciclo d’intensa attività mentale. Studio costante, profonda riflessione e indagine, uno stimolo mentale costante saranno le caratteristiche della mente dell’aspirante. A questo potrà seguire un ciclo di avversione a qualsiasi studio in cui la mente sembrerà rimanere completamente incolta ed inerte. Pensare diventa uno sforzo e la mente è assalita da un profondo senso di futilità. L’aspirante giunge alla conclusione che essere è molto meglio che fare. Si chiede “Possono queste secche ossa vivere?” e non ha alcun desiderio di vederle rivitalizzate.

Tutti i veri ricercatori della verità sono consci dell’instabilità di quest’esperienza, che spesso considerano deplorevole, o come una condizione da combattere strenuamente. Ma quello è il momento di rendersi conto che “quel punto intermedio né secco né umido, deve provvedere il posto dove poggiare i suoi piedi.”

È un modo simbolico per dire che egli deve rendersi conto di due cose:

1. Che gli stati d’animo non hanno alcuna importanza, né corrispondono allo stato dell’anima. L’aspirante deve accentrarsi nella coscienza dell’anima, rifiutare di lasciarsi influenzare dalle condizioni alterne cui sembra essere soggetto; deve semplicemente “stare nell’essere spirituale” e “avendo fatto tutto, rimanere fermo in quello stato.”

2. Che l’equilibrio può essere raggiunto solo quando l’alternarsi sia divenuto consuetudine e che il flusso e riflusso ciclico continuerà fintanto che l’attenzione [246] dell’anima oscillerà fra uno degli aspetti della forma e il vero uomo spirituale.

L’ideale è di giungere al dominio cosciente che consente all’uomo di focalizzarsi, a volontà, nella coscienza dell’anima o nell’aspetto forma, in modo che la concentrazione dell’attenzione avvenga per uno scopo riconosciuto e specifico che richiede tale focalizzazione.

Quando l’aspirante comprenderà il significato delle parole del grande Istruttore cristiano, sarà in grado di dire che “nel corpo o fuori dal corpo” non ha alcuna importanza. L’atto di servizio da compiere determinerà il punto in cui il sé si concentra e sarà sempre il medesimo sé, sia se temporaneamente liberato dalla coscienza della forma che se immerso nella forma per poter operare nei diversi aspetti del tutto divino. L’uomo spirituale cerca di promuovere il Piano e di identificarsi con la mente divina nella natura. Ritirandosi nel punto intermedio, egli tenta di rendersi conto della propria divinità e, fatto questo, si focalizza nella sua forma mentale che lo mette in rapporto con la Mente universale. Egli sopporta la limitazione per potere in tal modo conoscere e servire. Egli cerca di giungere al cuore degli uomini e portar loro “ispirazione” dal profondo del cuore dell’essere spirituale. Egli afferma di nuovo la realtà della propria divinità e, identificandosi temporaneamente con il suo corpo dì percezione sensoria, del sentimento e dell’emozione, egli si unifica con l’apparato sensibile della manifestazione divina, che porta l’amore di Dio a tutte le forme del piano fisico.

Di nuovo egli cerca di contribuire a materializzare il Piano divino sul piano fisico. Egli sa che tutte le forme sono il prodotto dell’energia correttamente usata e diretta. Pienamente cosciente di essere Figlio di Dio e comprendendo mentalmente il profondo significato di quel termine, egli focalizza le sue forze nel corpo vitale divenendo un centro focale per la trasmissione dell’energia divina e quindi un costruttore in [247] unione con le energie costruttrici del Cosmo. Egli porta nel corpo eterico l’energia del pensiero illuminato e del desiderio santificato, operando in tal modo con dedizione intelligente.

Chiedete di chiarire meglio la definizione del punto “intermedio”.

Per colui che si trova sul Sentiero della Prova è il piano emotivo, il Kurukshetra o piano dell’illusione, dove terra (la natura fisica) e acqua (la natura emotiva) s’incontrano.

Per il discepolo è il piano mentale dove forma e anima vengono in contatto rendendo possibile la grande transizione. Per il discepolo avanzato e l’iniziato, il punto intermedio è il corpo causale, il Karana Sarira, il corpo spirituale dell’anima, intermediario fra Spirito e materia, tra Vita e forma, fra Monade e personalità.

Tutto ciò può essere espresso e compreso anche dal punto di vista dei centri.

Come tutti gli studenti sanno, nella testa vi sono due centri. L’uno si trova fra le sopracciglia e la sua manifestazione oggettiva è il corpo pituitario. L’altro si trova nella zona al sommo del capo e la ghiandola pineale ne è l’aspetto concreto. La coscienza del mistico puro è centrata al sommo della testa, quasi completamente nel corpo eterico. La coscienza dell’uomo di mondo avanzato è centrata nella regione pituitaria. Quando, grazie allo sviluppo occulto e alla conoscenza esoterica, si stabilisce un rapporto fra personalità e anima, viene a crearsi un punto intermedio al centro della testa, nel campo magnetico detto “luce nella testa”, ed è qui che si stabilisce l’aspirante. È un punto d’importanza vitale. Non è né terra o fisico, né acqua o emotivo. Potrebbe essere considerato il corpo eterico o vitale che è divenuto il campo di servizio cosciente, del dominio guidato, dell’uso della forza a fini specifici.

Il mago si stabilisce in quel punto e, per [248] mezzo della sua forza o corpo energetico, compie l’opera magica di creazione.

Una frase di questa regola può apparire oscura, ma potremo comprenderla con maggior chiarezza studiandone attentamente le parole. Alla fine della regola si dice che quando “acqua, terra e aria si uniscono”, quella è la condizione in cui l’opera magica può  compiersi. Stranamente, si omette l’idea di luogo tenendo conto soltanto dell’equazione tempo.

L’aria è il simbolo del veicolo buddhico, del piano dell’amore spirituale, e l’incontro dei tre elementi suaccennati (nel loro aspetto d’energia) indica una focalizzazione nella coscienza dell’anima e l’accentrarsi dell’uomo nel corpo spirituale. Da quel punto di potere, esterno alla forma, dalla sfera centrale di unificazione e dal punto focalizzato in quella sfera di coscienza, l’uomo spirituale proietta la propria coscienza nel punto intermedio, entro la cavità cerebrale, dove deve compiersi l’opera magica in relazione al piano fisico. Questa capacità di proiettare la coscienza dal piano di realizzazione dell’anima a quello dell’opera magica creativa sui sottopiani eterici matura progressivamente a mano a mano che lo studente, nel suo lavoro di meditazione, sviluppa l’abilità di focalizzare l’attenzione su uno dei centri del corpo. Questo avviene per mezzo dei centri di forza del corpo eterico. Gradatamente egli acquista quella plasticità e quella fluidità che lo metteranno in grado di servirsi dei centri nello stesso modo in cui un musicista utilizza le sette note musicali. Giunto a questo punto egli può cominciare a esercitarsi a estendere la sua focalizzazione e deve imparare a ritirare la propria coscienza non soltanto nel cervello, ma anche nell’anima sul suo piano, e da lì ri-dirigere le sue energie al compimento dell’opera magica dell’anima.

Il segreto fondamentale dei cicli risiede in questo ritiro e nel conseguente rifocalizzarsi dell’attenzione; [249] a questo proposito si ricordi che la legge fondamentale alla base di tutta l’opera magica è che “l’energia segue il pensiero”. Se gli aspiranti lo tenessero presente, supererebbero più facilmente i periodi di aridità, coscienti del proposito sottostante.

Mi si potrebbe chiedere quali siano i pericoli di questo punto intermedio.

Vi sono i pericoli connessi a fluttuazioni troppo violente fra terra e acqua, o fra reazione emotiva alla vita e la verità o vita sul piano fisico. Alcuni aspiranti sono troppo emotivi nelle loro reazioni, altri troppo materialistici. L’effetto di tutto ciò è risentito nel punto intermedio e produce una violenta instabilità. Questa ha un effetto diretto sul centro del plesso solare, che fu il “punto intermedio” all’inizio dell’epoca degli Atlantidei e lo è tuttora nei processi di trasmutazione della personalità che aspira. Esso trasmuta e trasmette le energie del centro sacrale e del centro alla base della spina dorsale ed è il centro di trasformazione di tutte le energie focalizzate nei centri sotto il diaframma.

Altri pericoli dipendono da un afflusso prematuro e incontrollato d’energia spirituale pura al meccanismo della personalità. Questa forza vitale spirituale entra dall’apertura cranica e affluisce nei centri della testa, seguendo poi la linea di minor resistenza, determinata dalla tendenza quotidiana della vita di pensiero dell’aspirante.

Un altro pericolo, piuttosto potente, risulta letteralmente dall’incontro della terra e dell’acqua. Esso si manifesta con l’afflusso nella coscienza cerebrale (aspetto terra) della conoscenza del piano astrale. Uno dei primi effetti di cui l’aspirante si rende conto è la tendenza allo psichismo inferiore. È una reazione del centro del plesso solare. Ma questo punto intermedio può essere utilizzato come “trampolino” per gettarsi nel mondo dei fenomeni astrali, ciò che si risolve nella “morte per annegamento”, [250] poiché la vita spirituale dell’aspirante può essere travolta e completamente sommersa dall’interesse per le esperienze psichiche inferiori. È proprio qui che molti validi aspiranti si smarriscono, anche se alle volte solo temporaneamente, ma i tempi sono critici ed è deplorevole sprecare del tempo in futili esperimenti e dover poi rintracciare il sentiero scelto.

Un indizio per penetrare nel significato di queste parole si trova nel riconoscimento del seguente fatto occulto. Il punto in cui acqua e terra s’incontrano è il centro del plesso solare. Il punto in cui acqua, terra e aria s’incontrano è nella testa. La terra è simbolo della vita del piano fisico e della forma exoterica. L’acqua è simbolo della natura emotiva. Normalmente la vita è governata e amministrata dal grande centro della vita della personalità, il plesso solare. Se il centro che dirige è sotto il diaframma, nessuna magia è possibile, poiché l’anima animale governa e l’anima spirituale è forzatamente quiescente. L’aria è il simbolo della vita superiore nella quale domina il principio Cristico, nella quale si sperimenta la liberazione e l’anima perviene alla piena espressione. È il simbolo del piano buddhico, come l’acqua lo è di quello emotivo. Quando la vita della personalità è elevata al cielo e la vita dell’anima scende sulla terra, vi è un punto in cui esse s’incontrano e in quel punto l’opera magica trascendentale è possibile.

Questo punto d’incontro è il luogo del fuoco, il piano della mente. Il fuoco è simbolo dell’intelletto e tutta l’opera magica è un processo intelligente, effettuato con la forza dell’anima e usando la mente. Per percepirlo sul piano fisico è necessario un cervello ricettivo agli impulsi superiori, suscettibile alle impressioni dell’anima che utilizza la “chitta” o sostanza mentale per creare le necessarie forme pensiero e in tal modo esprimere le idee e i propositi dell’anima intelligente e amorevole. Queste vengono riconosciute dal cervello e [251] fotografate sulle “arie vitali” che si trovano nella cavità cerebrale. Quando queste arie vitali possono essere percepite dal mago in meditazione e le forme pensiero impresse su questo riflesso in miniatura della luce astrale, allora la vera potenza nell’opera magica può cominciare a farsi sentire. Il cervello ha “udito” occultamente le ingiunzioni e istruzioni della mente che trasmette gli ordini dell’anima. Le arie vitali sono spinte all’attività di costruire forme, proprio come la loro corrispondenza superiore, le “modificazioni del principio pensante, la sostanza mentale” (com’è chiamata da Patanjali), sono spinte ad un’analoga attività di costruire forme. Queste forme possono essere viste interiormente dall’uomo che cerca di compiere il lavoro magico e gran parte del suo successo dipende dalla sua capacità di registrare esattamente le impressioni e di vedere con chiarezza le forme del processo magico che egli cerca di manifestare come opera magica nel mondo esteriore.

Si potrebbe dunque dire che nel processo di costruire forme vi sono tre stadi. Nel primo stadio l’anima o uomo spirituale, accentrato nella coscienza dell’anima e operante nel “segreto luogo dell’Altissimo”, visualizza il lavoro da compiere. Ciò non consiste in una successione di atti, ma dell’opera magica completata e finita che è visualizzata secondo un processo che non comporta in alcun modo i concetti di spazio o tempo. Nel secondo stadio la mente risponde all’anima (che richiama l’attenzione sul lavoro da compiere) ed è spinta all’attività di costruire forme pensiero da quest’impressione. Dalla lucidità e illuminazione della sostanza mentale dipende la qualità della risposta all’impressione. Se la mente è un vero riflettore e ricevitore dell’impressione mentale, la forma pensiero corrispondente sarà fedele al suo prototipo. Se non lo è (come accade spesso nei primi stadi), la forma pensiero creata sarà deformata e non corretta, squilibrata e “disegnata male”.

Il lavoro d’accurata ricezione [252] ed esatta costruzione è appreso con la meditazione ed ecco la ragione per cui in tutte le vere scuole esoteriche si insiste sul potere di focalizzare la mente, sulla capacità di visualizzare e di costruire forme pensiero e sulla chiara comprensione dell’intento egoico. Ecco anche perché è necessario che il mago cominci il lavoro pratico di magia su se stesso, come soggetto dei suoi esperimenti. Egli comincia ad afferrare la visione dell’uomo spirituale, quale egli è in essenza. Si rende conto delle virtù e reazioni che quell’uomo spirituale porterebbe in evidenza sul piano fisico e quali saranno le sue reazioni agli avvenimenti. Egli costruisce una forma pensiero di se stesso, quale uomo ideale, quale vero servitore, il maestro perfetto. Gradatamente coordina le proprie forze cosicché il potere d’essere tutto ciò nella realtà esteriore cominci a prendere forma e tutti possano vederlo. Nella sua mente crea un modello, quanto più possibile fedele al prototipo, che serve a plasmare l’uomo inferiore e ad imporre la riproduzione dell’ideale. Mentre perfeziona la sua tecnica scopre che un potere che trasmuta e trasforma opera sulle energie che costituiscono la sua natura inferiore, fintanto che tutto viene subordinato ed egli diviene, nella manifestazione pratica, ciò che è esotericamene ed essenzialmente. Quando ciò avviene, egli comincia ad interessarsi al lavoro magico a cui tutte le anime risvegliate sono chiamate a partecipare.

Può allora manifestarsi il terzo aspetto del processo di costruzione delle forme. Il cervello è sincronizzato con la mente, la mente lo è con l’anima e il piano viene percepito. Le arie vitali nella testa possono essere modificate e rispondere alla forza dell’opera magica di costruzione. Esiste a questo punto una forma pensiero, risultato delle due attività precedenti, che si trova dove si svolge l’attività del cervello e diviene un centro di focalizzazione per l’anima, un punto tramite cui l’energia può fluire per l’esecuzione dell’opera magica.

Tale opera magica, effettuata sotto la direzione dell’anima (che ispira la mente, la quale a sua volta impressiona il cervello), come risultato di questa triplice attività coordinata conduce alla creazione di un centro di focalizzazione, [253] o forma, nella testa del mago. L’energia che fluisce attraverso questo punto focale agisce tramite tre strumenti di distribuzione, quindi tutti e tre partecipano in ogni lavoro magico.

1. L’occhio destro, attraverso il quale l’energia vitale dello spirito può esprimersi.

2. Il centro della gola, attraverso il quale si esprime la Parola, il secondo aspetto o anima.

3. Le mani, mediante le quali opera l’energia creativa del terzo aspetto.

“Il mago bianco” lavora “con l’occhio aperto, la voce che proclama e afferma e le mani che offrono e porgono doni.”

Questi punti hanno interesse tecnico per l’operatore di magia sperimentato, ma per l’aspirante cui sono rivolte queste lettere avranno soltanto un interesse simbolico.

Che la visione interiore sia nostra, che l’occhio veda chiaramente la gloria del Signore, che la voce parli solo per benedire e le mani siano usate solo per aiutare, questa possa essere la preghiera di ciascuno di noi.